Omaggio a Pasolini
Per l’ultima volta. A mia madre.
Guardami per l’ultima volta a faccia in giù, mamma,
mentre mangio sangue e terra.
Fammi annusare per l’ultima volta la tua pelliccia di povera contadina.
Tu mamma che non leggi e non disquisisci ,
Tu che spesso non capisci
Ma leggi nel cuore , nella mia faccia scavata, negli occhi che sfuggono.
Leggi La mia condanna eterna
Non posso scappare da nessuna parte ora, mamma,
Mi fanno male le ossa dappertutto.
Tutta la vita ho provato a scappare da me stesso,
infilandomi in un letto sfatto, in una baracca di periferia
nello stipendio a fine mese,
nelle mie poesie,
tra le braccia di uomini giovani, belli, nel sesso senza speranza.
La mia è fame di felicità che non si può placare.
Potessi essere contadino, mamma, e seminarla quella gioia
Che mi evita.
Non ho mai smesso di sentirmi fuori posto,
polemico, sbagliato, frocio ed immorale.
Ma io volevo solo sentire l’odore del mare
E guardare nel cielo vuoto, che non mi appartiene mai
E pregare il mio dio, il tuo, che mi perdoni
per tutto ciò che non ho saputo essere o che sono stato troppo.
Guardami ,mamma, per l’ultima volta,
mentre le ruote dell’auto mi passano addosso
E mi scoppia il cuore,
mentre muoio solo, come sono sempre stato
Sento il sapore acre nella mia bocca. Non è il sangue,
è la mia anima che si libera da questo corpo che mi possiede.
La mia anima lo attraversa questo mucchio di nervi e muscoli tesi.
Guardami per l’ultima volta a faccia in giù nella polvere,
con la faccia a brandelli,
come cristo che sale sul Golgota
con la faccia piena di sputi e sangue.
Non mi ha schiacciato, mamma, il peso di quell’auto,
o lo schiaffo, il pugno, il bastone ,il calcio,
nulla mi ha fatto più male della mia solitudine.
Ho vissuto abbandoni che mi hanno schiacciato l’anima
E la vergogna di questo mondo borghese
mi ha seppellito molte volte sotto il peso di un giudizio.
Questa è l’ultima.
Ho solo una canotta, fa freddo.
Questa notte di novembre è fredda.
Non riesco a guardare il cielo, mamma, per trovarti
Ma sento il tuo grido,
Come quello di Maria davanti a suo figlio
Che non è Cristo, non è il Signore, ma è solo suo figlio.
Guardami mamma, a faccia in giù, come un povero cristo
Toglimi la croce da dosso, lasciami queste ferite,
che domani qualcuno ne abbia soddisfazione,
lasciami il sorriso dolente e le braccia forti e magre,
fammi riposare su di te,
tu urla la vergogna, la disperazione, se vuoi.
Ma abbracciami per l’ultima volta, mamma,
e dammi finalmente la pace.
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