Le estati infinite delle donne dell’ Islam

Le lunghe estati delle donne dell’ Islam e dei loro bambini

E’ il caldo d’agosto. Quello vero che ti prende allo stomaco. E’ un pomeriggio di quelli da andare al mare o in piscina, o sotto gli alberi per cercare ristoro. E’ un posto molto bello, semplice, casettine, monolocali per lo più, tutti schierati a corte attorno ad un patio centrale con gazebo, rampicanti a dare ombra e una piccola piscina ricavata al centro del prato. A lato una piccola vasca termale per gli ospiti. E’ un piccolo residence. E’ estate, c’è il pieno di turisti. Siamo ad Ischia. Un ragazzino ossuto con capelli neri lisci si aggira per il piccolo prato, tra le casette con un quaderno in mano. E’ agosto. nessun bambino studia ad agosto. E’ vestito con un completino di seconda mano e un paio di scarpe di gomma sformate. Si siede sotto al gazebo, apre il quaderno, inizia a scrivere.  Dopo pochi minuti lo raggiunge a passi lenti una ragazzina poco più grande di lui e gli grida ” dammi un po’ da scrivere che mamma si è presa l’ i pad”.  Sono con mio figlio in piscina, ascolto i loro discorsi a metà tra l’arabo e l’italiano. Il ragazzino si avvicina, avrà pressappoco l’eta del mio. si mette seduto accanto a lui e guarda i giochi sul telefonino. dopo un po’ di minuti iniziano a parlare. Cosi facciamo la conoscenza di Zahid e di sua sorella Zahira. Non hanno il costume, sono vestiti. Mi sembra singolare. Zahira racconta che vivono in quel residence da qualche mese perchè il loro padre lavora come cameriere stagionale in un piccolo ristorante della zona e quelle piccole casette per turisti sono economiche e il padre può mettere da parte quale soldo prima di ritornare a ottobre, forse novembre a Casablanca. Zahira dice che si annoia, fa tanti servizi e cucina perche la loro madre è in attesa, tra due settimane nascerà un fratellino. ” Noi non usciamo mai da qui. solo quando mio papà è di festa. Da maggio che stiamo qui siamo andati al mare una sola volta”. Mentre parla sua madre esce dalla piccola casetta, ha un abito lungo rosa che le copre anche il capo e il collo. E’ alla fine della gravidanza, incede lenta, affaticata, sudata. Si ferma sotto il piccolo gazebo. ” non provare, mia mamma non parla italiano. mia madre parla solo con noi della famiglia. e’ uscita da qui solo una volta per dottore, poi basta”. Intanto mio figlio si tuffa, nuota, schizza Zahid per attirare la sua attenzione e farlo scendere in acqua. Perchè non ti butti Zahid? gli chiedo? non sai nuotare? Zahid guarda sua sorella, uno sguardo di intesa e poi subito dritti nei miei per indagare, per capire. ” Gennaro, proprietario di casa dice che noi non possiamo fare il bagno vuole 10 euro per usare piscina. se vado io deve fare bagno anche mia sorella e sono 20 euro, mio padre guadagna 30 al giorno”. Zahid guarda l’acqua come i bambini piccoli osservano a natale la neve dalle finestre. ” Lo dico io a Gennaro, pago  io per voi”. ” Non non fare questo” interviene bruscamente Zahira” Gennaro se scopre si arrabbia e dice a mio padre che si arrabbia ancora di più”. E io ho davanti a me d’un tratto le lunghe ore vuote delle estati infinite, chiusi in quel residence come in una prigione aspettando di tornare a casa. E mi raccontano i loro pomeriggi. Zahira balla guardando la tv, imitando le ballerine e canta anche, e impara così l’italiano. Zahid fa calcoli matematici, addizioni, sottrazioni, divisioni con le virgole. Mi mostra il suo quaderno sul quale sua sorella gli annota operazioni sempre più difficili che lui deve risolvere. Zahid e mio figlio si sfidano in una gara di calcoli, ma Zahid è velocissimo, non c’è partita. Intanto la madre continua a giocare con l’ i pad. Non ha mai alzato una volta la testa dal piccolo schermo con la cover rosa come il suo vestito. ” Si annoia ” mi dice Zahira,  ” ma poi avrà da fare con bambino piccolo e anche io avrò da fare , tempo passa più veloce”. Zahid ha vinto tutte le partite e ride di gusto si diverte. Tra poco dovremo andare via, uscire per mangiare qualcosa. Zahira e Zahid ci seguono con lo sguardo fino al cancello, oltre il quale c’è la vita, il confine oltre quel giardino, quel prato, quelle ore infinite di attesa e di assenza.Il cancello si chiude dietro di noi.

Getto un ultimo sguardo ai due fratelli. Zahid stringe in mano il suo quaderno di operazioni, come fosse un gioco prezioso, Zahira accenna qualche passo di hip hop. E sullo sfondo la madre vestita di rosa, attende.

Matilde Iaccarino

Nasce a Pozzuoli (Na), è giornalista, saggista e scrittrice. Insegna letteratura al liceo. Appassionata di letteratura ed è impegnata da molti anni nella ricerca storica.

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